François Truffaut, con accanto Jean Cocteau, Edward G. Robinson e Jean-Pierre Léaud. Nel 1959 all'epoca de I quattrocento colpi.

lunedì 12 settembre 2011

L'angelo sterminatore



Nel 1962 Luis Buñuel colpisce il sistema costituito, borghese e reazionario, con una beffarda e cinica opera surrealista. Forse la più surrealista della sua produzione.

Dopo una serata a teatro, un gruppo di personaggi appartenenti all’alta borghesia messicana si riunisce in un’elegante villa, consumando la propria cena fra chiacchiere senza importanza, pettegolezzi e piccoli flirt. Vengono così rappresentate le bassezze e le perversioni degli invitati ma anche le sovrastrutture grottesche delle convenzioni sociali dell’epoca.

Arrivato il mattino, quando ormai gli invitati si decidono di andarsene, si rendono conto che non riescono ad attraversare la porta, nonostante sia aperta. Il nervosismo e la tensione aumentano. Uno degli ospiti muore e il cadavere viene nascosto in un armadio. Il tempo trascorre e anche dall'esterno della casa i tentativi per entrare falliscono uno dopo l'altro. Gli ospiti, sorpresi dai bisogni primari tra cui la fame e la sete, iniziano a sentirsi addosso il peso dei giorni e della frustrazione: iniziano così i litigi e le accuse.

Le convenzioni finiscono per cedere il posto ad un crudele gioco al massacro, che in qualche modo allude all’incomprensibilità e al caos che regnano nella civiltà moderna e che contraddistinguono la condizione umana.

Solo all’ultimo sarà trovato il modo per uscire. Gli ospiti si rimetteranno nella posizione in cui si trovavano all'inizio della serata, ma anche a questo punto il delirio non è terminato.

Presentato al Festival di Cannes nel 1962, il film di Luis Buñuel, tratto dal testo teatrale “Los naufragos de la calle Providencia” di José Bergamin, si propose come un dissacrante manifesto antiborghese, non senza suscitare polemiche e disapprovazioni.

Il registra spagnolo, all’epoca censurato in patria dal regime franchista, attinge a piene mani alle origini surrealiste del proprio cinema per dar vita ad un’opera ricca di invenzioni fantastiche: una graffiante commedia grottesca che precipita ben presto in una dimensione completamente irreale ed onirica, dominata dalle regole dell’assurdo e del non-sense.

I vizi e le meschinità della classe borghese rappresentati da Buñuel passano attraverso l’alterazione della sintassi narrativa propria de surrealismo. Non solo. Lo stravolgimento degli eventi viene pilotato dai percorsi reconditi dell’inconscio. Per questo il surrealismo è stato definito come automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.

In altre parole l’operazione surrealista di Buñuel intende esprimere il dissidio fra società borghese e rivoluzione. E ciò a condizione di intendere la società borghese nell’insieme delle sue regole comportamentali, sessuali, ideologiche ed economiche; e a condizione d’intendere per rivoluzione non soltanto l’azione politica, ma l’insieme di tutte quelle rotture e violazioni – la cui complessa manifestazione giace sui diversi e molteplici piani dell’esistenza individuale e sociale – che investono un ordine costituito e lo mettono a soqquadro.

Infine, l’uso della ripetizione. Buñuel dichiara di essere il primo regista che utilizza questo espediente narrativo poiché una scena ripetuta crea un senso di ossessione, di angoscia e di mistero. Fin dalle prime sequenze Buñuel inserisce una serie di ripetizioni, che danno alla struttura stessa del film un andamento circolare, così che L'Angelo sterminatore sembra non avere un finale vero e proprio e si conclude con una sospensione. Lo spettatore non ha la sensazione che qualcosa si sia compiuto, anzi, è proprio nella sequenza finale che tutto ritorna in modo esponenziale e amplificato.

Il tempo è dissolto. Rimangono solo pulsioni.

Così nella lettura di Gilles Deleuze, la poetica di Buñuel è permeata da un surrealismo nero che mette in evidenza i mondi pulsionali e originari: gli istinti, le pulsioni, i desideri rimossi tendono verso il loro appagamento, tuttavia, secondo Buñuel, l'energia sublimata molto spesso si orienta verso la pulsione di morte e la distruzione piuttosto che verso la creatività e l'arte.

Nessun commento:

Posta un commento