François Truffaut, con accanto Jean Cocteau, Edward G. Robinson e Jean-Pierre Léaud. Nel 1959 all'epoca de I quattrocento colpi.

mercoledì 30 novembre 2011

Il cinema secondo Lorenzo Ghezzi

In questi giorni esce eRi pote, la quattrocchia volante
che è stato gioia di grandi e piccini e torna de moda la maggia
la maggia bianca, oppure la maggia negra
e si apre subito un dibattito su che è che non è maggia,
vivemo in tempi cioè in cui la maggia esiste oppure
s'è fermata ar medioevo, occipitale...dishamo.
Torna quindi, il gufo demmerda, la scopa volante che gira su sè stessa
e se sà dove andrà a finire, come il proverbiale cetriolo di azzen cristian andersen.
Esiste quindi la magia, lo sa benissimo il tifoso giallorosso,
vittima de un campionato de malocchio, co er striscione bruciato, er pupone sagrificato
nella notte de luna piena.
Lazio che vince... come è possibile?
E' incredibile. E' un fatto naturale?
Io dico de no, ma la scienza non puo' spiegare tutto
e ...allora ben venga il nostro eri pote, mago in erba
ma erba de quella bona, quella che te fà volà.
cheee... contro il malocchio, quindi, una magia divertente e giocosa,
ricca di effetti diggitali, effetti speciali come la sequenza
bellissima co er mago contro il malocchio, in volo, se gratta li cojoni...
sequenza importante... e cinema di intrattenimento, quindi,
come 'na zecca che te se attacca e non te fa annà via
questa fortunata saga, eri poter, mago fumato,
è tratta da spilbe, che ha smesso da fa eeei pupazzi e
s'è buttato su ebbrei de guera, mentre l'amico suo,
giorgio luca, ancora insiste co' e guere stellari,
che ti abbiocchi alla grande, tranne la sequenza der granchio cameriere
che la trovo una sequenza da... antognologgia...
...bbbuonasera...


martedì 15 novembre 2011

Lo stato delle cose



Il cinema riflette sul cinema. Si potrebbe dire metacinema, ma al tempo stesso la riflessione è più circoscritta di quello che può sembrare. Il campo prescelto è quello dell’inquadratura fotografica, dove tutto è contenuto nel rettangolo della pellicola, e le riflessioni speculative per quanto complesse rimangono confinate all’esterno.

Lo stato delle cose (Der Stand der Dinge) è un film di Wim Wenders del 1982, vincitore del Leone d'oro al miglior film della Mostra del cinema di Venezia.

Portogallo, febbraio 1981, un albergo isolato in riva al mare. Non è ancora iniziata la stagione balneare: ci abita un team che fa riprese cinematografiche. Due anni prima una burrasca ha danneggiato considerevolmente l'albergo; la piscina e parti dello stabile sono semidistrutti. Per questo motivo l'hotel è stato scelto dalla troupe: il film rimanda al classico di fantascienza "The Most Dangerous Man Alive" di Allan Dwan. Dopo due settimane di riprese, però, è terminato il denaro per il proseguimento della realizzazione del film: si attende con ansia il ritorno del produttore, rimasto a Los Angeles. Il regista (Fritz) decide di andare a Hollywood, dove cerca e infine trova il produttore, che si nasconde perché teme di essere ucciso. Fritz non crede a questa storia, ma improvvisamente fanno la loro comparsa i killer: egli finirà per essere assassinato nel modo più impensato.

"Lo stato delle cose" è forse il lavoro più interessante di Wenders degli anni '80, autentica riflessione sul cinema e sui bisogni dell'artista. A ben vedere, si tratta di un film stratificato, i cui temi e la loro trattazione emergono gradualmente, iniziando dalle cose concrete per poi addentrarsi nell'astratto, nel non tangibile, nell'impulso che determina la nascita e la morte del processo creativo.

La prima riflessione si incentra sulla differenza tra il cinema americano ed il cinema europeo, e sui differenti bisogni di cui si nutrono. Il primo vive di azione, movimento. Il cinema americano è un cinema del fare, un cinema che crea il tempo del racconto, che lo plasma a suo insindacabile giudizio come se fosse un piccolo dio alle prese col suo piccolo universo. Il cinema europeo, invece, è un cinema che cerca non solo di raccontare la vita, ma di emularla, copiarla trasferendone la temporalità su pellicola. Non è un caso quindi, che tutta la prima parte del film (quella ambientata in Portogallo), sia giocata sui tempi dilatati, sull’approfondimento dei personaggi, sulla descrizione del vuoto, della noia, dell'attesa di qualcosa che non arriva mai, in cui si vede riflesso il cinema di Michelangelo Antonioni. La seconda parte invece sblocca la non-narrazione per affondare i denti nel racconto, tirando le fila (anche tematiche) del film, mostrandoci più azione e movimento, entrambi vuoti e malinconici, quasi una panoramica decadente sull'impossibilità di raccontare la vita attraverso il cinema.

Si tratta di due luoghi, ovvero di due modi di vedere le cose ed il loro stato. In questo modo l’analisi del linguaggio cinematografico si riflette sui paesaggi rappresentati. In Portogallo, il paesaggio è il luogo della visione, dell'impulso, un luogo dove scaturisce la creatività e dove la creatività nasce e si sviluppa, mentre la Los Angeles dipinta da Wenders è un luogo triste e desolato, quasi una scenografia duplicata all'infinito che scorre imperterrita dai finestrini della roulotte del produttore.

C'è infine un’immagine che permane per tutto il film. È il fantasma del film che Fritz sta girando in Portogallo, e che non riuscirà mai a portare a termine. Questo è l'altro grande tema della pellicola: il desiderio mai raggiunto, il sogno mai realizzato, un film che non ha modo di nascere, e per conseguenza una storia che non riuscirà mai ad essere narrata.

Eppure, nonostante l’impossibilità (narrata) di mettere in scena una storia, l’esperienza ha reso il film di Wim Wenders di buon auspicio per un nuovo futuro “grande” regista.

Si racconta infatti che alla fine della lavorazione de "Lo stato delle cose", Wim Wenders avanzò qualche caricatore di pellicola, che il regista tedesco regalò al compositore della colonna sonora del film. Il compositore era Jim Jarmusch e il film che nacque dalle ceneri de "Lo stato delle cose" fu proprio il cortometraggio che poi si trasformò nell'esordio nel cinema del regista americano, "Stranger than paradise".