Ci vuole coraggio per rimanere fermi con la mdp in una inquadratura di circa dieci minuti. Ci vuole coraggio per rimanere fermi con la mdp dinnanzi al corridoio di un carcere inglese, ai tempi della repressione dei terroristi irlandesi dell’IRA, mentre un addetto pulisce metodicamente l’urina che fuoriesce dalle celle dei detenuti. Ci vuole coraggio nel rappresentare ed indugiare sulle terribili e disumane condizioni in un carcere di massima sicurezza, ed ancor di più quando la scena è resa maggiormente opprimente dalla fissità dell’immagine.
Hunger è un film di Steve McQueen, con Michael Fassbender (Gran Bretagna, Irlanda 2008).
Su un piano strettamente fotografico un’immagine in profondità di campo è un’immagine in cui tutti gli elementi rappresentati, sia quelli in primo piano sia quelli di sfondo, sono perfettamente a fuoco. Essa sarà maggiore quanto più distanziati saranno lo sfondo e il primo piano e quanto più quest’ultimo sarà vicino all’obiettivo. Per messa in scena in profondità si intende, di conseguenza, la disposizione di oggetti e personaggi su più piani e il loro reciproco interagire (Gianni Rondolino - Dario Tomasi, Manuale del film).
Fin dagli inizi del cinema ci si rese conto che riprendere un'intera scena a distanza fissa imponeva grossi limiti alla narrazione. Volendo mostrare allo spettatore il pensiero o le emozioni di un personaggio, si realizzò che il modo migliore per farlo era quello di avvicinare la macchina da presa, registrando così con più precisione l'espressione del viso; la scoperta fondamentale del cinema (D.W. Griffith) fu quella di rendersi conto che una sequenza deve essere composta da singole inquadrature incomplete, scelte ed ordinate in base a motivi di necessità drammatica.
Il cinema, attraverso il montaggio si è trasformato da semplice mezzo per registrare l'attualità in un mezzo estetico di grande sensibilità. Dunque il lavoro di montaggio è rilevante sia sul piano pratico, in quanto dà struttura e ritmo al film, sia su quello estetico, poiché influisce inevitabilmente anche sulla recitazione. La sua importanza è prioritaria e molti lo considerano l'essenza stessa del cinema. L'elemento peculiare (specifico filmico) che permette al cinema di assurgere ad autonoma espressione artistica (Karel Reisz e Gavin Millar).
Per Stanley Kubrick questo dato è centrale al punto di affermare che il montaggio "è il solo aspetto specifico della sola arte del film".
Eppure, proprio Kubrick ha avvertito la necessità di sovvertire all’idea di un tipo di montaggio che - a volte per carenza di contenuti - si sovrappone alla narrazione giungendo a divenire un lavoro fine a se stesso. Per questo, il suo cinema si è sviluppato spesso in una interessante contrapposizione tra un’idea classica (oggettiva) nel modo di rappresentare il mondo ed un idea moderna (dinamica) di rendere la realtà attraverso i sentimenti dei suoi personaggi o protagonisti.
Si pensi ad Arancia Meccanica. Nella scena dello stupro, Alex e i suoi "drughi" entrano nella villa di uno scrittore e, dopo averla messa a soqquadro, violentano la moglie sotto gli occhi dell'impotente marito: prima dell'arrivo dei delinquenti, la macchina da presa posa il suo gelido sguardo sulla coppia seduta in salotto, regalandoci un'inquadratura in cui spiccano compostezza e simmetricità; ma non appena i drughi irrompono sulla scena, una camera a mano segue il deflagrare della violenza comunicando con efficacia il disorientamento delle vittime e il venir meno di qualsiasi controllo formale e sostanziale.
In Arancia Meccanica Kubrick giunge alle stesse conclusioni di Anthony Burgess, autore del romanzo omonimo: nel confrontare il libero arbitrio - e, dunque, la possibilità di scegliere il male - con la coercizione al bene, condanna quest'ultima come una violenza ancor più deprecabile di quella liberamente esercitata.
Per queste ragioni il lavoro di Steve Mcqueen è notevole, perché nell’azzerare in molte occasioni il montaggio, o almeno il modello forte del découpage classico dove si crea un rapporto coercitivo nei confronti dello spettatore, il regista inglese riconquista l’essenza del linguaggio cinematografico attribuendo all’immagine fotografica il suo ruolo primario nella estetica del film.
Secondo Andrè Bazin la strada che il cinema deve seguire è quella della riproduzione del mondo reale nella sua continuità fisica ed “evenemenziale”, nel rispetto fotografico della continuità spazio-temporale.
sabato 16 giugno 2012
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