Regen (Pioggia, 1929)
Ivens si avvicina all’uomo, per coglierlo nei rapporti quotidiani della sua esistenza. Questo documentario, infatti, riprende la Amsterdam prima, durante e dopo la pioggia. I tetti aguzzi contro il cielo sereno, l’incrociarsi delle nuvole poi, la biancheria contorta dai refoli tempestosi, e infine la pioggia che cade lentamente, poi sempre più fitta, sui tetti, sugli ombrelli, sui canali, sui vetri dei veicoli, rigurgitando dai chiusini, allargandosi in ampie gole solcate dalle ruote delle macchine: tutta una serie di eloquenti immagini suggerisce liricamente la poesia delle umili cose, determina dialetticamente diversi atteggiamenti della vita urbana. E la società entra in gioco, con gli umili che vanno a piedi e vengono infangati dalle auto veloci ed impersonali. La macchina da presa si muove costantemente, curiosa e penetrante: coglie il passante che rialza il bavero e allunga il passo al cadere dei primi goccioloni, si ferma a guardare i barcaioli che continuano il loro lavoro, si perde tra i frettolosi passanti o si impenna a considerarli dall’alto dei tetti, si sofferma benevola a considerare un capannello di ombrelli curiosi nel breve spazio di una calle. Quando la pioggia vien meno gli ombrelli si chiudono, i riflessi magici dell’acqua scompaiono (L. Gizio, Joris Ivens, in Cinema, III, 54, 15 gennaio 1951).
domenica 19 settembre 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento