In quell’attimo che le strinsi il collo, io pensai che la sola maniera, forse, di possedere Cecilia era ucciderla. Uccidendola l’avrei strappata a tutto ciò che la rendeva inafferrabile e l’avrei chiusa nella prigione definitiva della morte.
La noia è un romanzo scritto da Alberto Moravia e pubblicato per la Einaudi nel 1960. La narrazione è svolta in prima persona come un monologo del protagonista che racconta e spiega la sua vicenda. Romanzo dalla prosa incisiva, è un ritratto spietato dell’alienazione sociale ed un indagine del rapporto con la realtà attraverso la categoria del possesso, tipicamente borghese.
Storia di un disagio esistenziale, di una serie di fallimenti e delusioni, il romanzo narra l’esperienza di Dino, che, nei panni d’artista, di uomo e di amante, si scontra con l’impossibilità della realtà. Il protagonista cerca di comprendere la “noia” che lo affligge sin da quando era bambino, causandogli difficoltà negli studi e che ora, in età adulta, diventato pittore, gli impedisce di dipingere. Imputando l’origine della noia alla sua ricchezza e alle cure materne, Dino abbandona la casa sulla via Appia per trasferirsi in uno studio in via Margutta: qui avvengono gli incontri amorosi con Cecilia, ex amante di Balestrieri, un pittore più anziano che è per il giovane modello ed alter ego. Pure la relazione con la donna amata, che si riduce al solo sesso, è vissuta dal protagonista come un sentimento morto, vuoto, finché la ragazza non trova un altro uomo. A quel punto, Dino impazzisce di gelosia e comincia a pedinarla, meschino e disperato al punto da arrivare al tentativo di ucciderla. Ma sarà sopraffatto dalla propria incapacità e solo alla fine, dopo un tentativo fallito di suicidio, all’ospedale, capirà di poter amare Cecilia.
Dal romanzo è stato tratto nel 1963 un film con la regia di Damiano Damiani interpretato da Catherine Spaak, Horst Buchholz, Bette Davis, Lea Padovani e Isa Miranda. Un remake dallo stesso titolo è stato realizzato da Cédric Kahn nel 1998 con Charles Berling e Sophie Guillemin.
Il primo film non sembra adeguato ai temi svolti nel romanzo, non foss’altro per il momento storico in cui è stato realizzato, e per le limitazioni coercitive della censura dell’epoca. Il tema centrale è infatti il rapporto sessuale tra Dino e Cecilia. La relazione morbosa tra i due personaggi non è resa nel modo autentico trattato nel libro. Gli attori sembrano troppo distaccati dalla portata drammatica del testo e forse l’immagine è troppo pulita nello svolgimento del contesto torbido della storia.
Più “realistica” la seconda pellicola. Forse meno efficace per quel che riguarda la tecnica cinematografica, i protagonisti sono più autentici e i tempi della sceneggiatura più calibrati rispetto allo sviluppo narrativo del romanzo.
La contemplazione dell’albero. Non pensavo niente, mi domandavo soltanto quando e in che modo avevo riconosciuto la realtà dell’albero, ossia ne avevo riconosciuta l’esistenza come di un oggetto che era diverso da me, non aveva rapporti con me e tuttavia c’era e non poteva essere ignorato. Evidentemente qualche cosa era avvenuto proprio nel momento in cui mi ero lanciato con la macchina fuori della strada; qualche cosa che, in parole povere, si poteva definire come il crollo di un’ambizione insostenibile. Adesso contemplavo l’albero con un compiacimento inesauribile, come se il sentirlo diverso e autonomo da me, fosse stato ciò che mi faceva maggior piacere.
domenica 2 maggio 2010
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